Buona Strategia Cattiva Strategia
Richard Rumelt
01. Riconoscere la Cattiva Strategia per Fare Spazio a Quella Buona, identificando i suoi quattro segni distintivi: fuffa, incapacità di affrontare i problemi, scopi scambiati per piani e obiettivi inefficaci.
Spesso, per fare spazio a qualcosa di nuovo e di valore, dobbiamo prima liberarci di ciò che è vecchio e dannoso. Questo principio si applica perfettamente alla strategia. La cattiva strategia non è semplicemente l'assenza di una buona strategia; è una forza attiva e ingannevole, simile a un'erbaccia che soffoca il buon grano nel campo del pensiero organizzativo 🌱. Per diventare strateghi efficaci, il primo passo non è imparare a costruire, ma a riconoscere e sradicare. La cattiva strategia, infatti, non è un semplice errore di calcolo; come sottolinea Rumelt, è "l'evitamento attivo del lavoro duro che comporta la creazione di una buona strategia". Fortunatamente, essa lascia dietro di sé delle tracce inconfondibili, quattro segni distintivi che, una volta imparati a riconoscere, agiscono come un campanello d'allarme 🚨. Il primo e più evidente di questi segni è la fuffa. Si tratta di un linguaggio pomposo e volutamente complesso, un miscuglio di parole d'ordine e concetti astrusi che mascherano una totale assenza di sostanza. È l'illusione di un pensiero strategico profondo, costruita su un castello di carte verbale. Pensate al memo di quella grande banca che definiva la sua strategia come "una strategia di intermediazione centrata sul cliente". Smontando la fuffa, ci si rende conto che "intermediazione" è semplicemente ciò che fa una banca e "centrata sul cliente" è un'aspirazione generica priva di azioni concrete. La dichiarazione si riduce a: "La nostra strategia è essere una banca". Un esempio ancora più eclatante è la presentazione di Arthur Andersen su Enron, dove un diagramma complesso sull'evoluzione dei mercati delle commodity veniva usato per giustificare l'insensata strategia di trading della larghezza di banda. Il diagramma era un "guazzabuglio di mezze verità, disegni complessi e parole alla moda" che evitava di affrontare le vere sfide, come il fatto che il costo incrementale della larghezza di banda fosse zero. La fuffa è un segnale che qualcuno sta cercando di nascondere la mancanza di un vero lavoro analitico dietro una cortina di fumo di gergo accademico e aziendale 🧐. Il secondo segno distintivo è l'incapacità di affrontare il problema. Una buona strategia è, nella sua essenza, una soluzione a una sfida. Se la sfida non viene identificata e definita con chiarezza, non può esistere una vera strategia. Si avrà al massimo una lista di desideri o un budget. L'esempio di International Harvester del 1979 è emblematico. Il suo "Corporate Strategic Plan" era un documento imponente, pieno di proiezioni finanziarie a forma di "bastone da hockey" che preannunciavano un futuro radioso. Tuttavia, ignorava completamente "l'elefante nella stanza": le disastrose relazioni sindacali e l'inefficienza cronica del lavoro, problemi che rendevano i suoi margini la metà di quelli dei concorrenti. Non identificando l'ostacolo principale, l'intero piano strategico era inutile, un castello costruito su fondamenta di sabbia. Al contrario, la strategia della DARPA parte proprio dal riconoscimento della sua sfida fondamentale: "abbinare problemi militari e opportunità tecnologiche" in aree ad altissimo rischio di fallimento tecnico. Una buona strategia non teme di guardare in faccia la difficoltà; anzi, la usa come punto di partenza per tutta la sua costruzione. Il terzo indizio di una cattiva strategia è scambiare gli obiettivi per la strategia stessa. Questa è forse la trappola più comune. Un leader annuncia traguardi ambiziosi e crede di aver definito una strategia. Ma un obiettivo non è un piano; è solo un desiderio. Chad Logan, il CEO dell'azienda di arti grafiche con il suo piano "20/20" (20% di crescita annua e 20% di margini di profitto), ne è l'esempio perfetto. La sua "strategia" era pura motivazione, ispirata da una citazione di Jack Welch: "nel raggiungere quello che sembra essere impossibile, spesso facciamo realmente l'impossibile". Questa mentalità, per quanto ammirevole, è pericolosa. Rumelt la paragona alla filosofia dei generali della Prima Guerra Mondiale a Passchendaele, convinti che la forza di volontà e "un'ultima spinta" potessero superare il fuoco delle mitragliatrici. Il risultato fu un massacro. La motivazione è essenziale, ma non è un sostituto della competenza strategica. Il compito di un leader non è solo spingere le persone a dare il massimo, ma creare le condizioni perché quello sforzo sia efficace. Un obiettivo altisonante senza un percorso chiaro per raggiungerlo non è una strategia, è solo un invito a caricare a testa bassa contro il filo spinato. Infine, il quarto segno è la presenza di cattivi obiettivi strategici. Anche quando non vengono confusi con la strategia, gli obiettivi possono essere inefficaci. Un tipo di cattivo obiettivo è il "pasticcio", una lunga lista di "cose da fare" che spesso emerge da riunioni di pianificazione dove, per non scontentare nessuno, si accetta ogni proposta. Il risultato, come nel caso del piano strategico di una piccola città che conteneva "47 strategie e 178 azioni", è una dispersione totale di energia e risorse. Una buona strategia, invece, richiede focus. Un altro tipo di cattivo obiettivo è quello "campato in aria", un traguardo così distante dalla realtà da essere irraggiungibile. È una semplice riproposizione della sfida, non un passo concreto per superarla. Ne è un esempio il piano del Distretto Scolastico di Los Angeles, che si prefiggeva di creare una "leadership trasformativa" nelle scuole più difficili, senza però fornire strumenti realistici per farlo e ignorando le profonde radici burocratiche e sociali del problema. Chiedere a presidi con poteri limitati di diventare "leader trasformativi" è come chiedere a un fante di vincere una battaglia aerea ✈️. Riconoscere questi quattro cavalieri della cattiva strategia – la fuffa, l'incapacità di affrontare il problema, gli obiettivi scambiati per piani e i cattivi obiettivi – è un'abilità fondamentale. Permette di fare pulizia mentale e organizzativa, creando lo spazio necessario affinché una vera e buona strategia possa mettere radici e crescere.
Citazione capitolo
"La cattiva strategia abbonda di obiettivi e manca di indicazioni sulle linee d’azione. Dà per scontato che gli obiettivi siano l’unica cosa che serve. Propone obiettivi strategici che sono incoerenti e, a volte, totalmente impraticabili. E usa parole e frasi altisonanti per nascondere quelle sue mancanze."
Domande capitolo
Viene classificato come cattiva strategia perché confonde gli obiettivi con la strategia stessa. Manca un'analisi degli ostacoli concreti e un piano d'azione coerente per superarli, affidandosi unicamente alla motivazione e alla volontà di vincere. In sostanza, descrive una destinazione desiderata senza fornire una mappa per raggiungerla.
La "fuffa" serve spesso a mascherare la mancanza di un'analisi profonda e l'assenza di soluzioni concrete. Evitando di definire chiaramente la sfida principale, i leader riempiono il vuoto con slogan e concetti astrusi che creano un'illusione di pensiero strategico. In questo modo, si evitano scelte difficili e si nasconde l'assenza di un vero piano d'azione.
Sintesi capitolo
Per creare una buona strategia, bisogna prima imparare a sradicare quella cattiva, un'erbaccia 🌱 che soffoca il pensiero. Essa non è un semplice errore ma, come sottolinea Rumelt, "l'evitamento attivo del lavoro duro". La riconosciamo da segnali inequivocabili, come un campanello d'allarme 🚨. C'è la fuffa, un gergo complesso che maschera il vuoto, come la banca la cui strategia era semplicemente "essere una banca" 🧐. C'è l'incapacità di affrontare l'elefante nella stanza, ovvero il problema principale. Spesso, si scambiano gli obiettivi per la strategia, un errore pericoloso quanto chiedere ai soldati di superare il fuoco delle mitragliatrici con la sola forza di volontà. Infine, ci sono obiettivi strategici inefficaci: o un "pasticcio" di troppe cose da fare, o un traguardo irraggiungibile, come chiedere a un fante di vincere una battaglia aerea ✈️.
Rispondi alle seguenti domande:
Qual è il primo passo essenziale per sviluppare una buona strategia, secondo il principio fondamentale descritto nel testo?
Definire una lista di obiettivi ambiziosi per motivare il team.
Riconoscere e definire con chiarezza la sfida o il problema principale da superare.
Creare un documento complesso utilizzando un linguaggio tecnico per dimostrare competenza.
Un manager presenta un piano chiamato "20/20" che mira al 20% di crescita e al 20% di margini, incitando tutti a 'fare l'impossibile'. Qual è la principale trappola strategica in questo approccio?
Sta scambiando un obiettivo desiderabile per un piano d'azione concreto, confondendo la motivazione con la strategia.
Sta creando un piano strategico con troppe azioni, che disperderà le risorse dell'azienda.
Sta nascondendo la mancanza di analisi dietro un nome accattivante, un classico esempio di 'fuffa'.
Perché l'uso di 'fuffa', ovvero un linguaggio volutamente complesso e pieno di gergo, è un indicatore così potente di una cattiva strategia?
Perché dimostra una profonda conoscenza teorica che però è difficile da applicare nella pratica.
Perché stabilisce obiettivi così astratti e 'campati in aria' da risultare irraggiungibili.
Perché spesso maschera una totale assenza di analisi e sostanza, evitando il duro lavoro di affrontare i veri problemi.
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